lunedì 2 dicembre 2013

Quando un tumore al seno diventa l'apprendimento esperienziale più grande

Mi occupo di apprendimento da una vita ed ho approfondito nello specifico l'apprendimento esperienziale. Precisazione forse inutile visto che in molti ritengono che l'apprendimento non sia reale se non è esperienziale.
Quando ho scoperto di avere un tumore al seno è iniziata per me una Nuova Grande Esperienza, con la E maiuscola. Forse la cosa è iniziata anche prima, dal primo secondo in cui ho cominciato a sentire quella pallina sospetta nella mia tetta perchè, si sa, un viaggio inizia molto prima della partenza e prosegue per molto tempo ancora dopo l'arrivo "ufficiale".

Non mi sono resa conto fino in fondo della portata immensa di questa esperienza, del sguazzabuglio di fatti, relazioni, problemi, novità, informazioni, emozioni positive e negative che avrebbe fatto emergere. Ma sicuramente, fin dall'inizio, mi sono trovata a dover gestire moltissimi elementi e soprattutto a dover prendere una miriade di decisioni molto importanti per la mia vita, per la mia salute, per il mio lavoro, per le relazioni che intrattenevo.
Ben presto quella frase così famosa per tutti coloro che si occupano di apprendimento esperienziale, "L'esperienza non è ciò che accade ad un uomo. E' quello che un uomo fa con ciò che gli accade" di Aldous Huxley, è risultata una verità tangibile e palpabile.
Ma di brutto, però.
E' schizzata fuori da tutti i libri letti e con le proprie gambette si è messa a correre scavalcando, e un pò calpestando, tutti i corsi fatti, i ponti tibetani, i boschi ed i laghetti, l'arte e la musica, le simulazioni e le zone di comfort nonchè tutte le elucubrazioni sulla formazione esperienziale mai usciti dalla mia testolina negli ultimi quindici anni.
Questo tumore al seno è il più importante percorso di formazione esperienziale che io abbia mai frequentato (chissà, forse anche che frequenterò mai...) e mi ha fatto mettere a fuoco un parallelismo molto forte in termini metaforici tra salute e apprendimento.
Così come non si può totalmente delegare ad un docente, formatore, consulente, insegnante od educatore che sia il proprio apprendimento, altrettanto vero è che non è possibile delegare in toto la propria salute ai medici ed agli operatori sanitari. Come occorre essere gli attori protagonisti del proprio apprendimento e rivendicarne, quando questo non viene rispettato,  l'assoluta paternità e dignità, così è necessario comportarsi da pazienti attivi partecipando in modo propositivo alla prevenzione, cura e difesa della propria salute psicofisica non dando per scontato che la medicina conosca i bisogni e le necessità della persona meglio della persona stessa. Così come, in quanto pazienti, dobbiamo pretendere di essere trattati in modo sistemico, olistico ed ecologico e non come pezzetti di un corpo, così dobbiamo pretendere che chi vuol in qualche modo occuparsi a vario titolo del nostro apprendimento lo faccia non limitadosi a sviluppare pezzi di competenze ma tenendo conto che siamo persone intere. Siamo in entrambi i casi attori ed in entrambi i casi dobbiamo assumerci le relative responsabilità, gli oneri e gli onori.
In tutto questo medici e formatori dovrebbero a mio parere rappresentare facilitatori di processo che ci procurano informazioni (aiutandoci a diventare anche autonomi nel procurarcele), ci stimolano, fanno emergere le nostre motivazioni ed i nostri bisogni soggettivi, ci supportano nel trovare la nostra strada, le nostre risposte, le nostre soluzioni. Le nostre, però. Sembra facile, eh?
Non solo.
Non potendo prescindere dal lavoro che faccio ed essendomi conquistata con il mio tumore una fantastica Cancer Card per poter parlare ed agire molto più liberamente (se questo problema me lo fossi mai posto.....)...... erompe incontenibile, con viva e vibrante soddisfazione, proveniente sia dal cuore che dalla pancia, da tutte le mie cellule (sane e non), un appello accorato che Afrodite K incornicia con la bella scenografia delle sue tette razzo che partono:
Ovvia sù, ma perchè non la piantiamo una buona volta, clienti e fornitori tutti insieme, di utilizzare l'esperienzialità per metter sù delle boiate pazzesche (di cui nel proprio intimo sorridono divertiti o disgustati tutti, partecipanti, progettisti e committenti, nonchè i media che hanno pane per i loro denti)? Perchè non impiegare invece le potenzialità infinite dell'apprendimento esperienziale per migliorare e far crescere individui, gruppi, organizzazioni e società?.
Ce la vogliamo prendere la responsabilità, di dire di no a certe pagliacciate che in tanti chiedono ma che nessuno poi veramente vuole? Ci vogliamo liberare di brochure e siti con sfavillanti cataloghi pieni di titoli deprimenti di fantozziana memoria? Vogliamo veramente dire ciò che pensiamo ai nostri clienti interni (e qui le risorse umane aziendali hanno tutta la mia empatica comprensione) rispetto alle loro richieste balorde di formazione esperienziale nuova e originale?. Ci vogliamo rifiutare di fare un mestiere che non è il nostro invitando gentilmente i nostri interlocutori a rivolgersi ai numerosissimi animatori che sono sul territorio nazionale?
Ma soprattutto.....Ce lo vogliamo riprendere il diritto di fare ciò in cui crediamo, che amiamo e che per noi ha un senso?. Tutti, partecipanti, fornitori e committenti.

Certo con una Cancer Card nel portafoglio, è tutto più facile. Ma magari sarebbe davvero bello se non si dovesse arrivare a questo, al pensiero della morte per decidere di fare ciò che reputiamo giusto per noi e per gli altri. Oppure, che vi devo dire, si può far sempre finta di. Magari vivere come se una Cancer Card davvero ce l'avessimo tutti in tasca.
Di lamentele e confidenze, sogni frustrati e disgusti malcelati ne ho raccolti moltissimi in questi anni, a più livelli, in tutta Italia. Tutti, clienti, fornitori e partecipanti sono stanchi di un certo tipo di formazione (e quelli stanchi e disgustati sono già avanti rispetto a quelli ormai solo semplicemente indifferenti). Nessuno nè può proprio più di una formazione esperienziale spot e divertente, emozionante e attrattiva, poco pericolosa e scardinante ed c'è nell'aria una voglia matta di una formazione vera, che serva ed in cui credere per il futuro. In realtà c'è proprio voglia di un mondo diverso.
Tutto intorno a noi sta affondando e c'è da prendere una posizione, decidere se navigare con il vecchio cercando di salvare il salvabile per sopravvivere ancora per un pò o fare un tuffo rischioso  verso il nuovo. Se non ora, quando? 
Io ci sto davvero provando (già ero sulla buona strada anche prima di ammalarmi....).
Adesso, mal che vada, posso sempre dire:
"Abbiate pazienza, ma io ho un tumore, io posso"
Voi che fate? Aspettare
che arrivi la vostra personale Carcer Card?

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