mercoledì 17 settembre 2014

Seni prosperosi, scollature e primi piani: con #fatevedereletette più che prevenzione si fa audience

E vai, all'approssimarsi del fatidico mese di Ottobre dedicato alla prevenzione del tumore al seno, tra il pullulare di pink-gadget ovunque, nastri, parrucche e braccialettini tinteggiati di pastelloso rosa, ci voleva anche questa chicca ed ennesimo schiaffo per le donne (1 su 8) che il cancro al seno più che prevenirlo, se lo sono già beccato. Tette al vento, belle, tonde, rigorosamente oversize ingabbiate in aderenti magliette scollate o pizzosi reggiseni. Niente di meglio per sensibilizzare l'opinione pubblica e le donne sul tema del cancro al seno, non credete? No, Afrodite K, non crede proprio......

Intanto facciamo chiarezza sul termine prevenzione dato che questa campagna è indirizzata a questo ed invita a tinteggiare proprio questa parola sulle proprie puppe. Parlare di prevenzione non vuol dire nulla, sulla prevenzione c'è una confusione enorme. Esiste una "prevenzione primaria" che mira a evitare che la malattia insorga (incrementando le difese dell'organismo, eliminando i fattori causali delle malattie e selezionando e trattando gli stati di rischio). Poi c'è una "prevenzione secondaria" che riguarda invece persone che presentano un danno biologico già in atto, con lo scopo di guarire la lesione prima che la malattia si manifesti clinicamente e si aggravi (lo strumento della prevenzione secondaria è la diagnosi precoce). Infine si parla di "prevenzione terziaria" per tutto ciò che riguarda la riabilitazione e la prevenzione delle recidive.

E, dopo queste precisazioni, un'altra dovuta premessa riguardante le buone intenzioni. Non metto in discussione anche l'assoluta buona intenzione di chi ha lanciato la campagna virale #fatevedereletette e cioè di quella Giusi Braga giornalista e pubblicista esperta in marketing&comunicazione (e per farvi capire che chi ha partorito l'idea di tumore al seno non pare saperne proprio un bel nulla, mi tocca pure farle pubblicità), nè metto in discussione la buona fede di tutte quelle donne che stanno fotografando le loro tette convinte di contribuire, nel modo giusto, ad una giusta causa. Ed è proprio questa la cosa più triste di tutte in assoluto: l'assoluta (sono certa) buona fede delle donne che hanno postato le loro puppe immolandole alla prevenzione. Spesso quando si lanciano messaggi sintetici e simbolici alla fine si perde il focus di ciò a cui si sta dicendo sì (o no), è facile farselo scappare di mano e diventare, involontari strumenti per messaggi che vanno in tutt'altre direzioni. Magari tra quelle donne ci saranno pure alcune che il cancro al seno l'avranno sfiorato o incontrato (anche se di tette sghembe o cicatrici non ne ho viste). Ma nel nome delle buone intenzioni si possono fare le cose più abominevoli (vedi le guerre) e come sentenziò Karl Marx, "la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni".

Tutte queste tette al vento a cosa servirebbero quindi? A ricordare alle donne che hanno delle tette? A ricordarlo agli uomini che se le possono guardare ben bene? Ci sono seri contenuti informativi e di orientamento associati a queste immagini? Ok, posto le mie tette, guardo le tette altrui, e poi? Dopo essermi divertito/a condivido su Facebook le mie tette preferite? Facciamo una bella graduatoria delle tette che ispirano maggiormente il concetto di prevenzione? Lanciamo uno studio scientifico che correla quale tipologia di tetta ha innescato maggiormente il fiondarsi delle donne a fare gli screening? Insomma, fateci il piacere va......

Ad una cosa questa campagna su twitter e facebook di sicuro è servita. A far parlare di sè persone e giornalisti in una colossale campagna autoreferenziata che scatena commenti come questi (ed è solo un esempio, ce ne sono a mazzi sulla rete e sui giornali):  "L’idea è simpatica ed “un po’ insolente”, ma funziona. Passa ancora una volta dalla Rete un invito a tenere d’occhio la propria salute. Stavolta a “mettersi a nudo” sono un gruppo di donne che, grazie ad una pagina Facebook e un account Twitter, portano avanti un’importantissima campagna: “Lo scopo di questa iniziativa è sensibilizzare le donne all’importanza vitale della prevenzione e della diagnosi precoce nella lotta ai tumori al seno.” L’hashtag dice tutto: #fatevedereletette. Insomma, non è il momento di fare le timide. “Alle amiche che si dicono imbarazzate a inviare una fotografia, anche anonima, o a condividere sul loro profilo il link al gruppo #FateVedereLeTette vorrei chiedere, con il cuore in mano, ma di cosa vi vergognate? Cosa c’è di imbarazzante? La parola “tette”? Non ci vergogniamo a scattare selfie in bagno con il water sullo sfondo, non ci vergogniamo a postare foto alle feste mezze ubriachelle (io per prima), e poi improvvisamente ci imbarazziamo per un décolleté?” Aderire è facile. “#fatevedereletette è un’esortazione un po’ insolente, ma premurosa. Nessuna donazione da fare, nessun amico da sfidare: basta un selfie con la scritta “prevenzione” fatta sul décolleté (con una matita per gli occhi o un rossetto) e le dita messe a mo’ di hashtag per entrare a far parte della community di donne che hanno capito e vogliono far capire quanto sia importante prendersi cura non solo dell’aspetto estetico del proprio seno ma, soprattutto, della sua salute. E quindi di fare vedere “le tette” dal vivo al proprio medico e non solo virtualmente ai propri amici sulle pagine dei social media.” (Fonte).
Ma, in fin dei conti, basta che se ne parli, no? E' l'essenza di ogni campagna pubblicitaria. Già, ma qui la differenza è che non si stanno vendendo prodotti ma trattando un tema delicatissimo con i più banali, abusati (e vecchiotti, se non fosse per le nuove tecnologie social) strumenti di sfruttamento del corpo femminile. A meno che non si voglia vendere l'intramontabile prodotto "puppe".

Afrodite K, come moltissime altre donne, sa bene cosa vuol dire prevenire il tumore al seno, sa bene cose il cancro al seno, conosce quello che succede alle tette dopo una mastectomia, conosce le cicatrici, i dolori ed è consapevole che una roba come #fatevedereletette non serve proprio ad un piffero ed offende la dignità di ognuna di quelle 48.000 donne che ogni anno si ammalano di cancro al seno. Per non parlare di quelle che ci rimettono pure le penne.....

Ad Afrodite K piacerebbe sapere cosa ne pensa di questa campagna la percentuale (piccola e trascuratissima) degli uomini che possono essere colpiti dal cancro al seno (1 su 500). Chissà se ai maschietti che si sono beccati questo tumore la cosa piace....
A tutti gli esperti di marketing e pubblicità consiglierei, per esempio, di battere questo di filone. Volete davvero essere alternativi, creativi, controcorrente e far parlare il mondo di un argomento. Ecco, prendetevi questo tema come sfida: Uomini e cancro al seno. Studiatevi una bella campagna di prevenzione, da creativi quali siete. Ma che serva davvero a qualcosa però......

Ah dimenticavo, Afrodite K non è sola ad essere rimasta fortemente perplessa di fronte a questa genialata:
#fatevedereletette - brainwashing non solo pink della senologa Alberta Ferrari
#fatevedereletette: il comunicato delle Amazzoni Furiose
Dal Blog "Un altro genere di comunicazione"
Europa Donna Italia protesta sulla sua pagina facebook
Dal Blog Il sesso decorativo "#hofattovedereletette"

Ecco, invece, una iniziativa con un "senso": Col seno di poi ma col senno di sempre
 

3 commenti:

  1. il problema non sono le tette mostrate grandi o piccole, giovani o vecchie ma la reale utilità di queste iniziative.

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    1. da medico ritengo che la reale utilità sia nulla. In compenso qualche giovane sanissima e senza alcun fattore di rischio né sintomi andrà a intasare le senologie (se va bene, sennò come suggerito in modo obsoleto dal medico di famiglia o dal ginecologo) per farevedereletette perché qualcuno male informato ha detto loro che dai 20 anni bisogna farle vedere (al medico beninteso) in generale e che così facendo si salvano le vite. Una campagna davvero inutile, disinformativa e offensiva. No.

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  2. Infatti, non credo proprio che con queste immagini ci saranno orde di donne in coda per gli screening. ormai dello screening se ne parla a go go, non manca informazione su quello, anzi..... Le campagne dovrebbero essere fatte su altre sfumature della questione cancro al seno. In ogni caso la reale utilità di una campagna è pesantemente condizionata come si veicola ciò che si vuol dire

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