mercoledì 19 novembre 2014

Il coraggio di essere sè, Beatriz Preciado ed il cancro al seno

Oggi mi è capitato tra capo e collo un articolo bellissimo che ho letto la prima volta tutto d'un fiato, trangugiandolo, poi le volte successive più lentamente, assaporandolo. Il pezzo "Il coraggio di essere sè" è di Beatriz Preciado, fino a ieri per me emerita sconosciuta, anzi sconosciuto, ma che adesso probabilmente seguirò nei suoi scritti sugli studi di genere e la teoria queer, perchè le sue riflessioni mi hanno davvero colpito. Ma cosa c'entra tutto questo con il cancro al seno?

Cominciamo cercando di capire, per chi non la conosca ancora, chi è Beatriz Preciado? Filosofa e scrittrice spagnola, nata a Burgos nel 1970, ha collaborato con El País e insegna storia politica del corpo e teoria di genere all’Università di Parigi VII. Si occupa di teoria queer, una teoria che mette in discussione la naturalità dell'identità di genere, dell'identità sessuale e degli atti sessuali di ciascun individuo, affermando invece che esse sono interamente o in parte costruite socialmente, e che quindi gli individui non possono essere realmente descritti usando termini generali come "eterosessuale" o "donna".

Nel suo articolo "Il coraggio di sè" apparso il 18 novembre 2014 su internazionale.it parla di tutto meno che del cancro al seno ma nonostante questo, più leggevo, più sentivo che le sue riflessioni mi riecheggiavano moltissimo dentro rispetto a questo anno e mezzo dalla diagnosi di carcinoma alla mammella.
Poi ho capito dov'è che stava l'aggancio. Il coraggio.
Una delle costanti di questo anno e mezzo, pieno zeppo di fatti, dolori, iniziative, lotte, denunce, azioni concrete, è stato per me proprio il ricevere, un pò da tutti, il feedback mantrico "Che coraggio che hai avuto!", "Che donna coraggiosa e forte che sei!".
Quando sono arrivata al termine dell'articolo di Beatriz ho compreso, nelle sue parole, il perchè dell'eco che avevano avuto su di me:
"....vi auguro di perdere anche voi il coraggio. Vi auguro di non avere più la forza di ripetere la norma e di fabbricare l’identità, di perdere la fede in quello che dicono i vostri documenti su di voi. E una volta che avrete perso il vostro coraggio, stanchi di gioia, vi auguro di inventare un modo per l’uso del vostro corpo. Proprio perché vi amo, voglio che siate deboli e disprezzabili. Perché è attraverso la fragilità che opera la rivoluzione".
Ho capito perchè spessissimo l'appellativo di donna coraggiosa mi infastidisce e non lo considero specchio reale di ciò che sono e faccio, di ciò che la malattia ha scatenato.
Il coraggio, visto da fuori, quasi mai porta con sè l'immagine del prezzo pagato da chi lo esercita, dei costi quotidiani, delle paure prima di ogni azione, del peso e delle responsabilità che quelle azioni poi portano con sè. Ne esce fuori un'immagine completamente distorta di wonder woman invincibile quasi mai reale e che di sicuro non mi appartiene.
Non solo, spesso ti senti dire quanto sei coraggiosa quando poi, parallelamente, vengono inviati messaggi contraddittori, svilenti, mortificanti di ciò che il cancro al seno è realmente, ossia molto poco "rosa" (ne ho parlato in diverse occasioni sia nella sezione Controcanto e che in quella Cancro al seno & Business)
Quindi, d'ora in poi, basta con i "quanto sei coraggiosa" ma complimentatevi pure con me per la fragilità che ho accettato, dichiarato ed usato. E non pensate di offendermi riconoscendo la mia fragilità. Per me, adesso, è un bellissimo complimento.

3 commenti:

  1. non so perchè ma mi viene da risponderti con una poesia
    "una sera vicino a un'acqua azzurra- parole mi uscivano facili- occhi ridevano nella mia amata- ebbrezza di parole- raccolte e rese a tono.
    Nel segreto dell'abito io chiudevo - trionfante - sconosciuto il dolore - di sangue e bende".....testimone del mio trionfo - di un'altra battaglia - vinta ridendo" Kuki gallmann (grazia)

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  2. la Preciado a me sembra un'estremista per certe cose che afferma, e anche il suo modo di intendere il queer è parecchio estremo: non credo affatto che la nostra identità di genere e sessuale sia del tutto "costruita", dire "è tutto cultura" è riduttivo così come dire che "è tutto natura" dato che siamo entrambe le cose. Ci sono tanti modi di vivere l'identità femminile e maschile tanti quanti sono gli uomini e le donne nel modo, e sono tutti modi legittimi e autentici a prescindere da quanto sono frequenti statisticamente
    Quanto alla fragilità non c'è niente di sbagliato nell'ammetterla, ma il coraggio e la forza sono valori da recuperare e coltivare in positivo

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  3. Questo post non riguarda nè la teoria queer nè la Preciado di per sè ma ciò che le sue riflessioni hanno innescato in me. Chiunque, estremista o meno (e anche qua bisognerebbe capire cosa s'intende per estremista...per ognuno di noi chiunque sia molto lontano dalle proprie posizioni può essere un estremista, anche un vegetariano per un cannibale) mi offra degli stimoli di riflessione per riguardare con occhi nuovi i miei schemi mentali, per me è ben accetto....

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