sabato 17 gennaio 2015

Donne contro donne: quando il cancro al seno genera un altro tipo di violenza

Si parla molto della violenza di genere (soprattutto domestica) e del femminicidio: un comportamento caratterizzato dalla violenza (fisica o psicologica) dell'uomo nei confronti della donna proprio in quanto donna. Di questo argomento mi interesso da diversi anni, da quando, nel 2010 circa, vissi un'esperienza di stalking da parte del mio ex compagno di vita conclusasi con un ammonimento della Questura. Da allora ho continuato a seguire questo tema da volontaria in un Centro Antiviolenza. Ma non è di questo che voglio parlarvi, bensì di un'altra forma di violenza, quella che ho scoperto avvenire tra le donne a partire dalla diagnosi di un cancro al seno.....

Un anno e mezzo fa ero partita proprio con il piede sbagliato, dando per scontata la premessa che tutte le donne che avevano vissuto la stessa esperienza traumatica di un tumore al seno, fossero automaticamente unite in una categoria compatta, solidale, caratterizzata da un sentire e pensare comune. Ovviamente mi aspettavo differenze soggettive nelle sfumature di questo sentire e pensare, dovute, tanto per fare solo un esempio, al rapporto pre-esistente con il proprio seno. Ma per il resto prevaleva in me un "dare per scontato" il senso di appartenenza, il rispetto reciproco, l'accettazione incondizionata dell'altrui soggettività e del personalissimo modo di ognuna di vivere la malattia.
E invece no, proprio no, nemmeno per idea.
Mi viene in mente la frase famosa del film Blade Runner "Io ne ho viste di cose, che voi umani non potreste immaginarvi", e in effetti ne ho davvero viste di tutti i colori....
E' proprio così, in questo anno e mezzo dalla mia diagnosi di tumore al seno, ho avuto modo di interagire con moltissime donne, davvero tante, in contesti diversi. Donne incontrate nei gruppi di discussione tematici su Facebook e nei forum, donne conosciute e frequentate di persona, donne che mi hanno scritto contattandomi tramite il Blog di Afrodite K, lavoratrici autonome e non con cui ho scambiato storie ed opinioni. Tutte accomunate da uno stesso evento entrato nelle loro vite: il cancro al seno.
Ho assistito oppure mi sono trovata io stessa coinvolta in conflitti molto accessi e dinamiche infuocatissime ai limiti dell'aggressività rispetto ad una serie di questioni legate al cancro al seno.
Donne che cercavano di "salvare" altre donne attaccando pesantemente le loro scelte terapeutiche (diverse dalle loro). Io stessa, una volta, mentre cercavo altre donne con cui confrontarmi rispetto alla decisione di non voler adottare la terapia anti-ormonale, ricordo di essere rimasta scioccata di fronte alla risposta "Beh, se non riesci a trovare altre donne probabilmente quelle che hanno fatto la tua scelta non sono più qui a raccontarlo!". E' una dinamica che ho visto emergere sia da parte di donne che hanno aderito ai protocolli standard di cura sia da parte di quelle che hanno fatto scelte diverse. E tuttora rimango sempre decisamente sconvolta ogni volta che emerge l'assoluta mancanza di rispetto e tolleranza rispetto alle scelte terapeutiche. Non mi stancherò mai di pensare che la vita è la nostra ed ognuno ha diritto di valutare le cure da adottare in base a ciò che conosce di sè, i suoi valori, i suoi bisogni, le proprie priorità. Nessuno ha diritto di giudicare ciò che solo tu puoi sapere di te. Nemmeno i medici possono conoscere così a fondo le tue esigenze e priorità, figuriamoci le altre donne. Ma questo, in moltissime occasioni, non accade ed i giudizi, anche molto aggressivi, fioccano fino a sentire donne che accusano altre donne di non amare la vita, di aver scelto la strada più stupida o più facile, di non informarsi abbastanza, di fidarsi troppo dei medici, di farsi uccidere dalla chemio e così via. Anche questa è violenza.
Rispetto al tema della ricostruzione del seno, ho visto donne accusare altre donne di frivolezza oppure altre considerare "a-normali" le loro compagne perchè non provavano un naturale ed istintivo bisogno di "tornare come prima". 
Ho visto donne attaccate e classificate come "negative, depresse e sfiganti" solo perchè non aderiscono alla cultura imperante del Nastro Rosa e della cosiddetta "tirannia dell'allegria" che sempre più sta caratterizzando la presentazione mediatica del cancro al seno. Altre volte ho visto donne con le loro voci controcorrente entrare a gamba tesa, magari in buona fede, e trattare altre donne come stupide oche inconsapevoli e pecorone.
Se poi tocchiamo il tema della morte non ne parliamo. Per alcune donne questa parola e questo pensiero sono assolutamente tabù. Non se ne può proprio parlare, nemmeno serenamente, non si può ricordare o dispiacersi per una donna che è morta di cancro al seno, altrimenti le donne che lo fanno sono troppo negative, non ci si deve pensare mai, è una mancanza di delicatezza per chi, quotidianamente cerca di vivere nella speranza. Stessa cosa ovviamente vale per argomenti come recidive, nuovi tumori, metastasi e così via. Dall'altro lato il fronte iper-realista parla di questi argomenti con abbondante schiettezza e franchezza. Così è la vita, un'incertezza continua, cerchiamo di trovare la serenità nell'impermanenza e sfatiamo questi benedetti tabù. E giù ad accapigliarsi, con accuse di scarsa sensibilità da un lato e mancanza di realismo dall'altro.
Altro tema di scontri accesissimi è quello delle foto tanto da divenire anche una questione mediatica e sociologica. Foto di donne operate che mostrano cicatrici, mastectomia, espansori, tette storte, tette mancanti: sì o no? Per Facebook, per esempio, spesso è no, tanto che è arrivato a bannare i profili di donne che si mostravano in tutta la nuda e cruda realtà della propria malattia o mostravano quella di altre donne. Su questo argomento ho assistito a liti furibonde. Ognuna vuol sentirsi libera di mostrare oppure di non vedere ciò che vuole e la libertà di una va automaticamente a ledere quella dell'altra.

E questi sono solo alcuni tasti che ho scelto tra quelli più caldi.....

La questione ovviamente non è certo nella ricerca della verità. Non si tratta di capire chi ha ragione e chi ha torto. Qua il problema è proprio un altro. Si parla tanto di violenza, la nostra è una società violenta. C'è violenza ovunque, sui bambini, sugli anziani, sulle donne, verso l'ambiente. E poi, ebbene sì, proprio nel bel mezzo di una roba come il cancro al seno, c'è pure la violenza delle donne sulle donne.
Mi sono ormai resa conto che il cancro al seno ti cambia molto la vita da un lato, ma anche no, per molti altri. Quel che eri e certi tuoi atteggiamenti, rimangono. Se eri una persona superficiale, probabilmente tratterai il tema del cancro al seno superficialmente. Se eri una persona attiva, propositiva ed intraprendente probabilmente sarai una paziente poco passiva, e così via.
Insomma, il modo con il quale si gestisce il proprio cancro al seno è solo uno specchio di quello che si è come persone e come donne.
La stessa visione della donna entra in gioco. Cos'è la femminilità per me? Cos'è la bellezza? Qual è il senso di un rapporto con l'altro sesso? Cos'è il sesso per me? Quali sono le mie priorità come donna? Con tutte queste domande il cancro di per sè c'entra poco o nulla, ma è proprio il cancro al seno che, arrivando, ti costringe a confrontarti con esse e con il tuo essere donna.

Spero davvero che le donne riescano ad aprire un dialogo ed un confronto autentico, consapevole e soprattutto non aggressivo sul tema del cancro al seno, perchè sinceramente quello a cui spesso ho assistito fino ad ora non è certamente edificante.
Invece di continuare ad alimentare il mito della guerriera che "lotta" contro un cancro che di per sè non ha alcuna colpa se non quella di voler esistere, crescere e sopravvivere, forse sarebbe il caso di lottare contro la mancanza di rispetto e tolleranza, lavorare su noi stesse per sviluppare un pò più di empatia ed accettazione. Che almeno un cancro sia servito a qualcosa, no?

PS Per fortuna mi capita ancora di incontrare piccole isole felici di rapporti dove il rispetto reciproco e soprattutto l'ascolto e l'accettazione di chi è diverso da te è ancora un valore da coltivare. E allora riesci ancora a dire "donna è bello".

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